venerdì 29 febbraio 2008

L'autoconsumo

Come scriveva già Edgard Morin nel 1962: "II consumo dei prodotti diviene, nello stesso tempo, l'autoconsumo della vita individuale. Ciascuno tende non più a sopravvivere nella lotta contro il bisogno, non più a ripiegarsi sul focolare domestico, non, inversamente, a consumare la vita nell'esaltazione, ma a consumare la propria esistenza." (L'industria culturale - ed. Il Mulino - pag. 71). Il fenomeno della destrutturazione dei consumi viene dunque da lontano, è un fatto strutturale, con cui la comunicazione e, in particolare, il pensiero strategico deve e dovrà fare i conti. Questa tendenza è stata approfondita da una ricercatrice francese, Pascale Weil. La Weil basa il suo lavoro su una serie di trend che riguardano la Francia, ma che hanno uguale valore, con cifre evidentemente diverse, anche in Italia:
  • l'aumento delle convivenze, che segnala un rapporto tendenzialmente precario nella coppia
  • l’aumento dei celibi, con parola inglese i single, spesso con alti redditi a disposizione
  • l’aumento dei divorzi e la diminuzione dei matrimoni, il progressivo allentarsi quindi dei vincoli, anche di quelle famiglie mononucleari di cui tanto si è parlato negli anni 70
  • l’aumento della classe medio-alto con una forte tendenza al consumo
  • la riduzione delle relative differenze salariali dopo il 1968
Questi fenomeni hanno avuto l'effetto di innescare un processo di diffusione dell'individualismo, che ha trovato nei consumi la sua massima espressione. La Weil ha coniato un termine per questa tendenza, e parla di "società psicomatriciale", cioè di una società a matrice psichica, nella quale sono andali perduti i significati globali dell'agire di consumo, ed il consumatore tende ad aggregarsi per singoli significati, in singoli progetti di consumo. In altre parole, non esiste più un'identità di gruppo (intendendo per gruppi quelli portatori di un significato globale, come per esempio "progressisti", "arcaici", ecc.) nella quale il consumatore si riconosca, ma al contrario egli decide di volta in volta quello al quale intende appartenere,. Ciò provoca aggregazioni momentanee, che la Weil chiama tribù.
Da un osservatorio assai diverso, quello della moda, Paolo Landi conferma queste osservazioni della Weil, usando il concetto, messo a punto da Pierre Boudieu di "distinzione invidiabile": "II desiderio di distinzione invidiabile vi ha un posto almeno uguale, soprattutto quando si tratta della diffusione della moda. Ognuno tiene a dimostrare col proprio abito, con gli oggetti di cui si serve e la cornice della sua esistenza, i suoi gusti e l’alta categoria sociale alla quale appartiene."

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